l’ultima volta, a Lambrate
Era il 31 marzo 1993, e nessuno avrebbe mai voluto arrivasse quella data.
Finito il secondo turno, i dipendenti della Innocenti di Lambrate hanno varcato, per l’ultima volta, i cancelli della fabbrica.
Da allora, l’abbandono è calato su quell’enorme area di Lambrate, ancora in parte occupata dagli ex stabilimenti, oggi in uno stato di degrado che lascerebbe pensare siano passate molte più primavere di quante non siano, in realtà, vista la saliva oscura e le strutture crollate, tra le quali la torre, apparsa in diversi film…
Nel 1993 era impensabile uno sfruttamento di quell’area per l’edificazione di quartieri nuovi, di case su case, laddove non c’era quasi speranza di bonifica e laddove i mezzi pubblici nemmeno arrivavano, se non per lo stretto indispensabile. Nessuno avrebbe mai pensato a una tale operazione di speculazione edilizia, a ridosso della Tangenziale Est, e invece…
Quell’ultimo lembo di Lambrate, che volge un po’ a Mezzogiorno e un po’ su Segrate, era un’enorme distesa di automobili parcheggiate, di capannoni all’avanguardia, anche se già negli anni Sessanta risultava obsoleto il metodo con il quale si costruivano le automobili, all’interno, ancora con le linee a terra e non secondo i nuovi schemi della linea aerea, già adottati dalla Fiat.
La Innocenti era uno dei tanti elementi di orgoglio di Milano, un fiore all’occhiello, tuttavia offuscato dai primi accordi con gli inglesi, negli anni Sessanta, per la costruzione dell’Austin A40. La produzione della compatta inglese, peraltro elegante e simpatica, venne pianificata secondo una striminzita licenza settennale, poi rinnovata di anno in anno. Un contratto capestro, con poche speranze per il Futuro, anche se la capacità tecnica delle maestranze di Lambrate resero la Mini italiana, prodotta dal ’65, nettamente superiore, in termini di qualità costruttiva, rispetto alla sua cugina inglese. Tanto da farle sembrare Due automobili diverse, a montaggio finito.
Cosa resta della Innocenti? La passione di non troppi amici del Marchio, dei pochi che ricordino ancora la 950 Spider, e di chi sta riscoprendo la Mini 90/120, alla quale stiamo per dedicare un ampio spazio, qui su Superpista, in collaborazione con Youngtimer Italia.
Quando le linee di montaggio di Lambrate terminarono per sempre la loro attività, della Mini disegnata da Marcello Gandini non rimaneva che un lontano ricordo del successo che fu, soppiantata in gamma dalla Uno, ribattezzata Mille, e dalla Duna, ribattezzata Elba. Il brutto del primo prezzo, la parola Fine su un’azienda che seppe distinguersi, pur tra Mille (non Clip) difficoltà e traversie, per l’eleganza alternativa dei propri modelli, per la ricercatezza dello Stile e per la qualità costruttiva.
Chi non la ama, non capisce un tubo.
Enzo Bollani / Inverigo, 31 marzo 2021